La burocrazia non c’entra, sono le società che dopo 2 anno e sei mesi non hanno presentato il progetto “definitivo”

Al Signor Alessandro Vocalelli
E p.c. al Direttore de “La Gazzetta dello Sport” Stefano Barigelli


Gentile Signor Vocalelli,
ho letto con interesse la Sua “opinione” pubblicata il 15 febbraio. Sono d’accordo con lei: “Provate ad alzare lo sguardo, in questi giorni di confronti europei. Dal terreno di gioco agli impianti, Ci vorrà un secondo a capire.”

Guardo il Bernabeu e vedo che il Real Madrid gioca in uno stadio in ristrutturazione, per farne un impianto avveniristico e megagalattico: con un particolare, la società Real Madrid ha fatto dei mutui per ristrutturare il suo stadio. L’Atletico Madrid ha acquistato dal Comune lo stadio, e lo ha ristrutturato a sue spese, il Wanda Metropolitano.
E Lei ha ragione: la proprietà dello stadio non risolve l’esigenza di una “attenta e oculata gestione”, che è mancata – aggiungo io – alle nostre squadre ben prima del disastro della pandemia.

Tuttavia, che ogni club abbia il suo stadio, è nella logica di una evoluzione europea dello spettacolo calcio, dello show-biz.
Ma non è il caso di Inter e Milan, che sarebbero gli unici club ad aver vinto le Champions League, o Coppa dei Campioni, ad avere uno stadio in condivisione, e neanche in proprietà ma in concessione pubblica. E per di più realizzato non con soldi propri, ma con i ricavi di una mega operazione immobiliare: ultima versione – del novembre 2020 – della proposta delle due società, 145.000 mq di centri commerciali e uffici, più il “nuovo” stadio, con la demolizione del Meazza.


In una logica europea, “in un percorso virtuoso per assicurare patrimonio e futuro”. noi milanesi e tifosi di calcio ci saremmo aspettati che una squadra rilevasse il Meazza e l’altra squadra costruisse un nuovo impianto, non certo nella stessa area di San Siro, ma come avviene in altre città europee, (ho citato Madrid) in una altra zona dell’area metropolitana milanese già fornita di adeguati mezzi di trasporto pubblico.
Ad oggi, dopo due anni e sei mesi dall’inizio della vicenda, non è stato presentato dalle due società un progetto definitivo, rispettando “le condizioni e le prescrizioni”, richieste dalla Giunta Municipale l’8 novembre 2019 all’atto della dichiarazione di “pubblico interesse”. È di ieri un documento del Comune che smentisce quanto invece asserito anche l’altro giorno dal Signor Scaroni.

I ritardi quindi non sono dovuti alla burocrazia, o all’opposizione dei cittadini ad un progetto su 290.000 mq. di aree comunali, di cui lo stadio occuperebbe solo il 14% della superficie. I ritardi sono dovuti alle società, che per di più chiedono la demolizione di uno stadio funzionante, che ha ottenuto il punteggio massimo della Uefa tanto che ha ospitato semifinale e finale di Uefa Nations League e che ha avuto a settembre i certificati di sicurezza e di staticità per altri dieci anni (limite massimo previsto dalle norme nazionali e internazionali).

Si potrebbe benissimo ammodernare il Meazza, realizzare anche interventi utili allo show-biz (come la copertura, peraltro non prevista nel “nuovo stadio”). Si tenga conto inoltre che il Meazza è la sede prevista per la inaugurazione (6 febbraio) delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026. Per di più, lo stadio Meazza in San Siro è una sedimentazione di interventi dal primo anello del 1926, al secondo anello del 1955 (si raddoppiò la capienza in 518 giorni continuando a giocare) al terzo del 1989-1990 (anche in questo caso senza mai interrompere il campionato e le coppe), che gli hanno dato una morfologia unica nel mondo, diversa da tutti gli altri stadi ed è diventato anche un simbolo di Milano.

Certo, in generale, abbiamo problemi di burocrazia, ma non nel caso di Milano, dove invece abbiamo uno dei soliti grandi problemi del Paese: “fatta la legge, trovato l’inganno”. Sì, perché la legge stabilisce che il Comune prioritariamente deve motivare le ragioni per cui non è possibile recuperare lo stadio esistente. Al momento, ripeto, dal luglio 2019, il Comune nei suoi atti non ha mai dato una motivazione, sul perché demolire un bene pubblico, tuttora oggetto di ammirazione anche delle squadre ospitate: vedi le dichiarazioni di Jürgen Klopp (8 dicembre) o di Giorgio Chiellini (24 gennaio)

Con cordialità
Luigi Corbani
Comitato SìMeazza